E’ l’anno del cibo italiano, tra export e Bio tutti i successi del Made in Italy

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È il grande momento del cibo Made in Italy anche se l’euro forte rende più difficili le esportazioni verso gli Stati Uniti. Il 2017 è stato un anno record per il Made i Italy tanto da far registrare un aumento del 9% per un totale di circa 40 miliardi di euro.

Cibo italiano Vs cibo Usa. La storica scena del film “Un Americano a Roma” è la rappresentazione massima della sfida tra i cibi dei 2 mondi. All’epoca mangiare americano era molto di moda e un panino con hot dog o hamburger con salse varie e patatine era molto più “trendy” della “solita pizza”

 

Lo si apprende da uno studio di Coldiretti in riferimento al tasso di cambio dell’euro mai stato così forte nei confronti del dollaro da 3 anni a questa parte cioè dopo l’accordo politico in Germania. Gli Usa dopo i Peesi dell’Ue e il settore leader è quello agroalimentare. Le esportazioni di cibo e bevande sono salite del 6% nel 2017 per un ammontare di  4 miliardi di euro, un record in assoluto. Per quel che riguarda il settore alimentare, gli Usa si collocano al terzo posto tra i principali importatori dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna. Il vino risulta essere il prodotto più gradito, davanti a olio, formaggi e pasta.

Una delle fasi della produzione di vino

Ma non è solo il mercato  dell’export a registrare un vero e proprio boom, c’è anche quello interno che negli ultimi anni si è tanto evoluto e quindi notevolmente cambiato, formato da utenti sempre più esigenti che nello scegliere danno priorità alla qualità dei cibi, alla loro provenienza e alla loro genuinità.                                                                                Ben 60mila infatti sono le aziende italiane con certificazione “Bio”, di cui 24mila (quasi il 40% del totale) accreditate dal sistema di certificazione nazionale solo negli ultimi tre anni. È la risposta dell’industria agroalimentare del Belpaese alle nuove esigenze dei consumatori oramai sempre più attenti a salute e ambiente. Più richiesta di prodotti biologici, più aziende che scelgono di produrre in modo più naturale. Da qualche giorno poi, è anche più facile verificare l’effettiva autenticità dei prodotti Bio grazie all’intesa tra Accredia, Unioncamere e InfoCamere, che ha reso più accessibile la “mappa” aggiornata degli operatori con certificazione Bio con l’inserimento delle informazioni nelle visure rilasciate dalle Camere di Commercio. All’inizio dello scorso dicembre, le imprese in possesso di una certificazione Bio erano 59461.La parte del leone la fanno 5 regioni che vantano più della metà (il 56%) delle imprese certificate. In testa alla classifica troviamo la Sicilia  (15,9%), seguita dalla Calabria (13,4%), dalla Puglia (11,6%), dalla Toscana (8,3%) e dall’Emilia (7,7%).                                                                                                                        Il 55,8% è ubicato nel Mezzogiorno, con presenze più che doppie rispetto al Nord (il 23,4%) e quasi tre volte rispetto al Centro Italia (il 20,8%). Il Bio è sicuramente un settore in forte espansione che ha visto una crescita esponenziale negli ultimi anni passando da nicchie di mercato a vero e proprio stile di vita per milioni di italiani.Contemporaneamente il biologico sta diventando un volano per il rilancio di molte aziende dell’agroalimentare nostrano. A fronte di una crisi del settore agricolo tradizionale che ogni anno vede il fallimento di tante imprese, il settore del biologico viaggia invece a gonfie vele, a dimostrazione che anche aziende più piccole, grazie all’applicazione dei principi dell’agricoltura biodinamica, possono reggere la sfida del mercato. Di queste l’81% opera direttamente nel settore agricolo e circa il 7% nel commercio e, di quelle che svolgono produzione Bio in esclusiva sono situate per un terzo in Calabria o Sicilia. In particolare sono 44.482 (il 75% delle certificate).

Il 90% di esse è una piccola o media impresa con volume d’affari inferiore ai 50 milioni di euro. Solo l’11% (6.490) e’ costituito da società di capitale.Più della metà (il 55,2%) sono micro imprese (vedere foto accanto), cioè con un fatturato sotto i 2 milioni di euro, e la metà ha un capitale sociale inferiore ai 50mila euro.

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