Miele, sale il consumo crolla la produzione, in 2 barattoli su 3 c’è prodotto straniero

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Tutti pazzi per il miele ma la produzione nazionale tracolla a causa del clima. Più apicoltori meno miele italiano. Due barattoli su tre sono stranieri e uno su dieci viene dalla Cina ove il valore per la sicurezza alimentare è simile a quello dei diritti umani

 

È boom per il consumo di miele in Italia ma, due terzi del prodotto consumato proviene dall’estero, soprattutto dall’Ungheria e dalla Cina, Paese quest’ultimo che certo non brilla per la normativa sulla sicurezza alimentare. Ed è boom anche per i cosiddetti “pastori delle api” che in Italia negli ultimi cinque anni sono cresciuti del 27%.  E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti su quello che è spesso stato definito dalla letteratura il “cibo degli Dei”, particolarmente indicato per difendersi dal freddo specie in vista dell’arrivo di Burian, l’ondata di gelo che dovrebbe colpire il Belpaese nei prossimi giorni.

Un apicoltore italiano all’opera

Secondo i dati della camera di commercio di Milano, le aziende iscritte al registro delle imprese sono passate dalle 4.195 del 2012 alle 5.318 del 2017. Una crescita importante legata appunto alla forte richiesta di questo particolare alimento divenuto ormai familiare sulla tavola degli italiani, grazie anche alla crescente attenzione per il benessere psicofisico, dopo che sono state accertate scientificamente le sue proprietà salutistiche.

Il 2017 ha fatto registrare quindi un aumento delle vendite del 5,1%, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Ismea. Un successo che va a cozzare però con il crollo della produzione nazionale che nell’anno passato, a causa delle bizze del clima che ha colpito duramente il lavoro delle api, ha subito un tracollo superiore al 50%, attestandosi attorno alle 10mila tonnellate. Di conseguenza vi è stato un aumento delle importazioni superiore al 4% per un totale stimato di circa 23mila tonnellate importate dall’estero.

La conclusione è che 2 barattoli su 3 in vendita in Italia, contengono in realtà miele straniero. Oltre un terzo  del miele importato – spiegano da Coldiretti –  proviene dall’Ungheria ma, un flusso consistente di oltre il 10% arriva invece dalla Cina.                    Il consiglio per chi non vuol portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di dubbia qualità, è di leggere attentamente l’origine sull’etichetta, oppure rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole o negli agriturismi.

Il frutto degli alveari prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, Paese ai vertici per l’insicurezza alimentare) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria. La parola “Italia”, spiegano gli esperti di Coldiretti, deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni del prodotto che deve essere raccolto interamente sul territorio nazionale, mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Ue, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”. Se invece proviene da Paesi extracomunitari, deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

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