Trentatremila tonnellate di scorie radioattive sparse su tutto il territorio nazionale, un’intera legislatura senza riuscire a risolvere il problema, occorrono molti mesi solo per presentare il progetto definitivo e il luogo ove realizzarlo e già le associazioni protestano
Il ministro allo sviluppo economico Carlo Calenda approfittando dei suoi ultimi giorni di mandato cercherà in extremis di presentare la mappa dei siti idonei ad ospitare il deposito nazionale delle scorie radioattive. I tempi ormai sono ridotti a lumicino e già entro la prossima settimana dovrebbe essere pronto il decreto per la Cnapi (Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee per localizzare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi), ha assicurato il ministro intervenendo al rapporto attività 2017 del GSE (gestore servizi energetici). “Il documento ci sta arrivando. Ha fatto delle correzioni l’Ispra e le ha rimandate al ministero dell’Ambiente, che ora deve rimandarla a noi. Appena lo farà, prepareremo il decreto ministeriale Ambiente-Sviluppo. Conto di farlo tra questa e la prossima settimana”. Ha affermato Calenda. Anche dal ministero dell’Ambiente dicono lavorare al problema svolgendo una serie di adempimenti prima di procedere alla pubblicazione.
L’Ipra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) nel frattempo ha trasmesso, già dai primi di marzo, un aggiornamento della Carta dei siti idonei ai 2 ministeri interessati. Il contenuto di tale carta è invece competenza della Sogin, società incaricata della dismissione degli impianti nucleari e della messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi. Quest’ultima, afferma dall’Ispra sul suo sito, ha modificato la sua proposta di Cnapi del 2015 che ha portato a un nuovo controllo dell’Ispra. L’Istituto, dopo aver verificato e approvato i risultati cartografici, ha trasmesso ai ministeri la nuova bozza della mappa, “senza formulare rilievi”. Quindi il decreto non sarà altro che un nulla osta da parte dei ministeri. A quel punto la Sogin potrà rendere pubblico il contenuto di tale Carta, insieme con il progetto preliminare del Deposito. Inizierà poi la consultazione pubblica che durerà circa quattro mesi che vedrà coinvolte Regioni, enti locali e tutti i soggetti titolati a presentare osservazioni e proposte. Previsto anche un seminario nazionale, per un maggior approfondimento della questione. Infine a secondo del quadro che emergerà da tale confronto, Sogin presenterà le nuove proposte. A questo punto tutto ciò sarà di nuovo sottoposto ai pareri dei ministeri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente e delle Infrastrutture e dell’Ispra. Prendendo spunto da tutti questi pareri, il Ministero dello Sviluppo economico dovrebbe (il condizionale è d’obbligo), approvare il piano definitivo previsto della Carta nazionale delle aree idonee (Cnai) che sarà reso pubblico 5 mesi dopo il seminario nazionale.
Eppure il ministro dell’ambiente Gianluca Galletti affermava nel giugno 2016 che i tempi non sarebbero stati lunghi e si sarebbe arrivati alla pubblicazione entro fine dell’anno. Nel 2017 il ministro Calenda, in audizione alla Commissione parlamentare di Inchiesta sul ciclo dei rifiuti e degli illeciti a esso connessi, assicurava entro fine anno la pubblicazione. Ma i tempi slittano ancora fino ad arrivare alle elezioni dello scorso 4 marzo con il ministro allo sviluppo economico che cerca fuori tempo massimo di procedere alla pubblicazione entro la prossima settimana e l’Ispra che nel contempo ha trasmesso la sua relazione ai ministeri competenti proprio all’inizio di marzo. L’aggiornamento della relazione, recita la nota trasmessa dall’Ispra, “si è reso necessario a seguito della trasmissione all’Istituto, nello scorso mese di gennaio, da parte della Sogin, di una comunicazione, con allegata documentazione, riguardante alcune modifiche apportate alla proposta di Cnapi del 2015 in relazione ad alcuni aggiornamenti, intervenuti successivamente al 2015, nei database di riferimento utilizzati per l’elaborazione della proposta. L’Istituto ha pertanto proceduto alla verifica di conformità delle modifiche proposte con i criteri della Guida Tecnica n.29 ed alla validazione dei relativi risultati cartografici”. Il Deposito Nazionale sarà una struttura di superficie dove saranno riposti in piena sicurezza i rifiuti radioattivi sparsi su tutto il territorio nazionale e renderà possibile il completamento del decommissioning degli impianti nucleari italiani.
Vi saranno custoditi quindi le scorie delle vecchie centrali, quelle prodotte dai reattori di ricerca e i rifiuti radioattivi provenienti dalle attività di medicina nucleare e industriali. Contestualmente al Deposito Nazionale verrà realizzato il Parco Tecnologico, un centro di ricerca dove svolgere attività nel campo del decommissioning, della gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con i territori interessati.
Ma cosa è realmente questo Deposito Nazionale? È una struttura dotata di barriere ingegneristiche e naturali poste in serie, progettata tenendo conto di esperienze internazionali e rispettando i più recenti requisiti Aiea (Agenzia Internazionale Energia Atomica). Potrà contenere circa 78mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività di cui circa 50mila metri cubi provenienti dall’esercizio e dallo smantellamento delle vecchie centrali atomiche e circa 28mila da settori della ricerca, della medicina nucleare e dell’industria. Di questi 78mila metri cubi, circa 33mila sono già stati prodotti, mentre i restanti 45mila lo saranno nei prossimi 50 anni. Nel Deposito Nazionale sarà collocato anche il complesso per lo stoccaggio temporaneo di lungo periodo (50 anni) di circa 16.600 metri cubi di rifiuti ad alta attività, provenienti dallo smantellamento di installazioni nucleari e da attività medicali, industriali e di ricerca. Saranno custoditi, inoltre, circa 800 metri cubi di residui derivanti dal riprocessamento del combustibile (separazione di materiale riutilizzabile dal rifiuto) effettuato all’estero e del combustibile non riprocessabile.
Ma benché ancora lontani solo dalla presentazione del progetto e del luogo di ubicazione, partono già le proteste. L’associazione ScanZiamo le Scorie dichiara che “si opporrà con forza al percorso che si intraprenderà eventualmente con la pubblicazione” della Carta delle aree idonee ad ospitare il deposito nucleare. Il ministro secondo l’associazione “va oltre il campo. Deve ancora rispondere su qual è il programma per la gestione dei rifiuti nucleari sul quale l’Italia è in procedura di infrazione europea ma pensa già dove volerle mettere”. La Basilicata “non è disponibile ad accogliere area potenzialmente idonea dai ospitare il deposito di scorie nucleari– conclude la nota- l’economia agricola e turistica del nostro territorio Capitale della cultura europea non deve essere compromessa”.
Questo tipo di proteste comunque sembra più uno strumentale egoismo territoriale che una seria presa di posizione ambientalista. Avere scorie sparse per tutto il territorio italiano, riposti in luoghi non adeguati e non custoditi, rappresenta sicuramente un pericolo per il territorio e per l’incolumità di uomini e animali. Realizzare una struttura sicura, efficiente e soprattutto in maniera trasparente, credo sia un segno di civiltà e maturità di una popolazione che vive in un Paese tra i più sviluppati del mondo.