Dalla Puglia con fervore. Obiettivo: fermare la Spectrum

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La Spectrum ci riprova, ma non è un nuovo film di James Bond bensì la replica di uno sceneggiato che vede politici di ogni schieramento difendere a parole l’ambiente ma,  una società inglese dal nome famigerato, ottiene dal Governo della Repubblica 8 autorizzazioni a effettuare ricerche petrolifere in Adriatico utilizzando la tecnica dell’AirGun

Una delegazione di FareAmbiente Puglia guidata dal commissario provinciale di Bari Giuseppe Scagliola, ha preso parte a un dibattito nel capoluogo a cui hanno partecipato le maggiori associazioni ambientaliste nazionali, il presidente della regione Michele Emiliano e alcuni parlamentari della zona appartenenti a vari schieramenti.

La conferenza delle associazioni NO Triv a Bari, al centro del tavolo il presidente della regione Michele Emiliano

A fine incontro le associazioni partecipanti, ovvero Legambiente, WWF, FAI, Greenpeace, CREA e, ovviamente FareAmbiente, hanno deciso all’unanimità di chiedere al ministero competente e al governo, di presentare un disegno di legge che “recuperi la titolarità del territorio marino, contro ogni speculazione ai danni dell’ambiente”.

Recentemente infatti il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi presentati in appello dalla regione Puglia e dalla regione Abruzzo nei confronti del Ministero dell’ambiente e della società inglese Spectrum Geo Ltd che riguardavano le due istanze di prospezione in mare (d1BP SP e d1FP SP); tali istanze avevano avuto esito positivo alla VIA (valutazione impatto ambientale) nel giugno del 2015 (decreto di compatibilità ambientale) e già in passato erano state oggetto di ricorso al TAR da parte delle due Regioni.

 

I due progetti di ricerca petrolifera nei mari italiani possono quindi ripartire a tutta velocità e prevedono l’utilizzo dell’ormai nota tecnica dell’airgun che prevede il rapido rilascio di aria compressa nell’acqua, generando onde a bassa frequenza. Sono enormi gli impatti negativi che l’utilizzo massiccio che questa tecnica  ha nei confronti della fauna marina, cetacei in primis. Basti pensare che il rumore prodotto da uno scoppio dell’airgun è pari a 100mila volte quello di un motore di un jet.

Le associazioni sono inoltre state compatte nel chiedere lo  Stop oil airgun, dando attuazione agli impegni presi in sede di dibattito parlamentare e ai diversi ordini del giorno approvati in materia al Senato e alla Camera negli anni scorsi ma a cui finora non è stato dato seguito. Di vietare l’utilizzo perciò questo metodo per la ricerca di idrocarburi in mare che non porta vantaggi alla collettività in termini economici, di conoscenza scientifica e ambientali, ed è a favore esclusivamente delle compagnie che detengono i titoli e le concessioni minerarie.

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Sono 16 le istanze di richiesta di permesso di ricerca in mare di cui 4 approvate, 4 in corso di valutazione ambientale e 8 in fase decisoria. Le due istanze di prospezione che riguardano circa 30mila chilometri quadrati di mare, coinvolgono le coste adriatiche dall’Emilia alla Puglia. Sono 4 invece, i VIA rilasciati in meno di un mese per un totale di 3.860 chilometri quadrati da parte del Ministero dell’ambiente che prevedono l’autorizzazione ad effettuare indagini di ricerca sismica nelle stesse aree viste precedentemente (specialmente in Puglia).

 

Mappa delle aree di ricerca in Adriatico

L’stanza d81 F.R-.GP della  , con un’area di estensione di 749,9 chilometri quadrati, è ubicata nel bacino dell’Adriatico meridionale a largo delle coste pugliesi. Il progetto prevede l’acquisizione e l’elaborazione di circa 235 chilometri di linee sismiche 2D mediante tecnologia air-gun e un eventuale rilievo geofisico 3D su un’area di circa 50 chilometri quadrati. I comuni interessati sono Giovinazzo, Bari, Fasano, Mola di Bari, Monopoli, Brindisi, Ostuni, Molfetta, Carovigno, San Pietro Vernotico, Torchiarolo, Polignano a Mare.

L’istanza “d90 F.R-.GM”, di estensione di 749,1 chilometri quadrati, è ubicata nel Mar Ionio settentrionale a largo delle coste pugliesi e prevede l’acquisizione di circa 153 chilometri di linee sismiche 2D mediante tecnologia air-gun e un eventuale rilievo geofisico 3D. I comuni interessati sono Tricase, Gagliano del Capo, Ugento, Racale, Alessano, Castrignano del Capo, Taviano, Andrano, Diso, Otranto, Morciano di Leuca, Patu’, Tiggiano, Gallipoli, Alliste, Salve, Santa Cesarea Terme, Castro, Corsano.

L’istanza “d 80 F.R-.GP”,  di fronte alle coste di Bari, riguarda un’area di 744,8 chilometri quadrati ed il progetto prevede l’acquisizione e l’elaborazione di circa 265 chilometri di linee sismiche 2D mediante tecnologia air-gun e un eventuale rilievo geofisico 3D su un’area di circa 50 chilometri quadrati. L’istanza “d89F.R-.GM” con estensione di 744,6 chilometri quadrati, è ubicata nel Mar Ionio settentrionale a largo delle coste pugliesi. Il progetto prevede l’acquisizione di circa 147 chilometri di linee sismiche 2D mediante tecnologia air-gun e un eventuale rilievo geofisico 3D.

VAS transfrontaliera e piano delle aree.                                                                      Nel 2015 il Governo italiano ha chiesto e ottenuto l’avvio di una procedura di VAS transfrontaliera in merito al programma di prospezione e ricerca di idrocarburi del Governo Croato. Lo stesso è stato attuato anche per i programmi di altri Paesi costieri e attualmente sul sito del Ministero dell’ambiente  risultano in corso, per programmi di sviluppo di attività di ricerca e estrazione di idrocarburi in mare, tre iter avviati da Croazia, Montenegro e Repubblica Ellenica.

A partire da questi elementi riteniamo imprescindibile che anche il nostro Paese si doti di un Piano per lo sviluppo delle attività di ricerca e di estrazione degli idrocarburi nel mar Adriatico, da sottoporre a VAS (Valutazione ambientale strategica) transfrontaliera, visto anche che ad oggi l’Italia ha il maggior numero di istanze e richieste di permessi di ricerca e coltivazione nel tratto di mare di sua competenza. Senza tale piano si violano inoltre gli impegni assunti con il recepimento della Direttiva comunitaria Offhsore (con il Dlgs n. 145/2016). Una richiesta da fare tutti insieme (parlamentari, Regioni, associazioni, etc…) è quindi quella di chiedere al governo tale Piano e quindi al Ministero dell’ambiente di avviare tale procedura, e non solo la VIA sui singoli permessi, come continua ad avvenire ancora oggi.

Una visione complessiva e una politica unitaria di tutela e sviluppo del Mar Adriatico, coordinata a livello europeo e che coinvolge tutti i Paesi costieri è la richiesta fatta nel 2015 durante la COP 21 di Parigi. La richiesta di tutela e di pianificazione nasce dalle direttive europee sulle misure di salvaguardia e sicurezza delle operazioni in mare di estrazione di idrocarburi (2013/30/EU), dalla strategia europea sul mare (Marine Strategy 2008/56/CE) fino alla pianificazione degli usi e degli spazi marittimi (2014/8/EU). Al tempo stesso l’Adriatico ha al suo interno numerose aree protette, SIC, ZPS che devono essere tutelate e che richiedono un’attenzione particolare.

 

 

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