Il maggio dei monumenti vede il ritorno del Cavallo Napolitano

0
399

L’assessore alla cultura e turismo del comune di Napoli, Nino Daniele, è riuscito a fare un doppio colpo nel “suo” maggio dei Monumenti. Il Cavallo Napolitano ha fatto ritorno a Napoli. La notizia non farebbe scalpore se, almeno tra conoscitori della Storia di Napoli e addetti ai lavori, non si sapesse che il fatto è un evento in sé. Certamente. E ciò perché, fino a qualche decennio fa, la razza equina del Cavallo napolitano era data per estinta. Ora invece è iscritta nel registro anagrafico ministeriale delle razze campane, a pieno titolo, con il Persano e il Salernitano. La riscoperta del Napolitano (ndr: con la -i- al posto della -e-), anzi la sua ri-creazione e ri-proposizione alla attenzione del mondo equestre è tutto merito  di Giuseppe Mario Maresca, un allevatore della penisola sorrentina. Un meridionale dalla tenacia tipica dei meridionali, cioè, capace di raggiungere i propri obiettivi, nonostante le difficoltà ambientali.

Michele Maresca, uno dei proprietari del cavallo napolitano

Non è un caso che la grande scrittrice Maria Orsini Natale, autrice di “Francesca e Nunziata”, torrese doc e orgogliosa delle proprie radici vesuviane, abbia voluto dedicare uno dei suoi ultimi libri “La Favola del Cavallo” a Giuseppe Maresca e alla sua iniziativa portata avanti per Napoli e per il Sud. Nel libro, scritto a quattro mani dalla scrittrice con il giornalista Sabatino Scia, il Cavallo Napolitano, narrato tra realtà e leggenda, risorge ritrovando le proprie radici nel tufo vulcanico delle grotte sorrentine.

Tornando a Napoli, la capitale del sud è stata, come universalmente noto e pacificamente condiviso, la culla, riconosciuta nel mondo, dell’Arte Equestre. In epoca Aragonese inoltre, a Napoli sono state realizzate le prime architetture equestri della storia, che hanno fatto scuola nel mondo. Tra queste, sopravvissuta a lunghe e severe traversie, possiamo annoverare la ex caserma Bianchini, al ponte della Maddalena. Esso fu pesantemente bombardato durante la seconda guerra mondiale e fu faticosamente recuperato in epoca postbellica. Il fabbricato monumentale, ricordato in tutte le pubblicazioni come opera di Luigi Vanvitelli, è vincolato come Bene Culturale e l’attuale proprietà ne ha curato negli anni scorsi un buon restauro. Sono state ricostruite le facciate di quell’antica “Real Fabbrica”, ritenuta settecentesca, riprodotta però già in precedenti atti e cartografie antiche come Cavallerizza del Re o della Maddalena. Quest’ultima era ritenuta persa per la attività di ricostruzione, eseguita previa demolizione dell’esistente, condotta dal grande architetto incaricato da Don Carlos di Borbone, poi incoronato re col nome di Carlo III. La storiografia dell’architettura di Napoli ha quindi sempre sostenuto la attribuzione dell’opera nell’interezza a Vanvitelli, salvo rarissime posizioni di incertezza. Invece, una rilettura storica del Monumento, attraverso una rivisitazione attenta delle fonti storiche e cartografiche e alcuni rilievi in loco, ci consente oggi di affermare che è stato ri-trovato un edificio rinascimentale della magnificente epoca aragonese a Napoli. L’edificio infatti racchiude nella propria architettura, ridisegnata e ristrutturata da Vanvitelli alla metà del Settecento, l’impianto generale architettonico originario, datato indietro nel tempo di oltre due secoli.